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Problema giustizia.

«Non possiamo andare avanti così ». È secco il monito del Primo presidente della Corte di cassazione, Vincenzo Carbone, che oggi nella relazione di apertura dell'anno giudiziario, nell'aula Magna del "Palazzaccio", alla presenza del Capo dello Stato Giorgio Napolitano, mette in evidenza come il ritardo della Giustizia italiana sia un danno per l'intero sistema-Paese. La classifica internazionale sui tempi processuali contenuta nel rapporto Doing Business che la Banca Mondiale redige per fornire indicazioni alle imprese sui Paesi in cui è più vantaggioso investire, infatti, rivela una posizione dell'Italia davvero penalizzante. Si trova al 156° posto su 181 Paesi nel Mondo quanto a efficienza della giustizia. Addirittura viene dopo Angola, Gabon, Guinea, São Tome e prima di Gibuti, Liberia, Sri Lanka, Trinidad. «La crisi della Giustizia - spiega Carbone - ha conseguenze che vanno ben al di là dei costi e degli sprechi di un servizio inefficiente e si estendono alla fiducia dei cittadini, alla credibilità delle istituzioni democratiche, allo sviluppo e alla competitività del Paese».
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Il sistema giudiziario italiano è agli ultimi posti del mondo per efficienza: secondo il rapporto “Doing Business 2009″ l’Italia è al 156° posto su 181 paesi presi in considerazione.

Si tratta di un aspetto di primaria importanza anche dal punto di vista economico, perché se non c’è una giustizia efficiente, in pratica manca la certezza del diritto, e quindi diventa difficile “fare affari” nel senso più generale. Il posizionamento dell’Italia è significativo, perché il parametro di riferimento per la classifica è il tempo necessario a “consentire a una parte lesa di recuperare un pagamento scaduto “: un classico problema di business dunque.
Ed è difficile non collegare la posizione dell’Italia anche alla pessima produttività del nostro Paese, secondo i dati OCSE, anche perché è verosimile che a subire il maggior danno da contenziosi che si trascinano per tempi geologici, siano proprio le aziende più piccole e più giovani (che solitamente sono anche le più innovative), che hanno minori risorse per affrontare risorse di questo tipo. Senza contare il fatto che le imprese estere, soprattutto quelle non enormi, ci pensano “un po’ di più” prima di portare parte del loro business in Italia.

Il problema è che in Italia sembra mancare completamente una “cultura della giustizia”, e quindi manca una spinta concreta dalla “società civile” e dalla politica per affrontare il problema. La cronaca di questi giorni è ricca di esempi in questo senso: lampante è il caso delle polemiche intorno alla vicenda degli stupri, che mancano completamente il nocciolo della questione poiché si confonde l’arresto ai fini di garantire la regolarità delle indagini con una “pena anticipata”, e si finisce con il chiedere (incentivati anche da molti politici che cavalcano l’onda) una condanna senza processo, anziché una condanna severa dopo un processo immediato, che non si perda in “cavillosità” burocratesi. LINK
Perchè solo i processi al cavaliere dovrebbero essere dovuti e urgenti, e gli altri possono attendere? Chiaramente perchè è il primo ministro! Quanto conta la discrezionalità dei PM.?  A sentire il Prof Violante, che è ex magistrato ed è di sinistra, conta molto.
Parla Violante ....."non tanto «ricostruzione della legalità violata», bensì «verifica che la legalità non sia stata per caso violata»: pubblici ministeri alla ricerca del reato anziché della prova di un reato di cui hanno avuto notizia, come invece dovrebbe essere. E non si può continuare a nascondersi dietro «l' ipocrisia costituzionale» dell' azione penale obbligatoria, che nella realtà è affidata alla discrezionalità del singolo Pubblico Ministero;

Questo significa che tutta la macchina giudiziaria lavora per la prescrizione. Un imputato che ha soldi e quindi la possibilità di resistere in giudizio, è inutile che acceda a riti abbreviati, patteggiamenti se, andando in dibattimento, può vedere il suo processo evaporare a norma di legge**. Notifiche sbagliate, abbondanti possibilità di rinvio, impugnazioni automatiche fino alla Cassazione, un giudice del collegio che cambia in corso d'opera e quindi si ricomincia da principio. E intanto il tempo passa. A partire dalla riforma del codice di procedura penale del 1989 fino ad oggi il legislatore, di riforma in riforma e magari in buona fede, non ha fatto altro che offrire a piene mani cavilli che incentivano tattiche dilatorie per difendersi piuttosto che nel processo dal processo. Nella giustizia civile le cose i tempi sono ancora più lunghi. **L'eccessiva durata del processo è una violazione dell'art. 6 della Convenzione dei Diritti dell'Uomo e l'Italia è il primo Stato nella graduatoria delle condanne inflitte dalla Corte europea di Strasburgo.** Per queste condanne l'Italia ha pagato e continua a pagare centinaia di milioni di euro, il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa considera il nostro paese un "sorvegliato speciale" e si è chiesto addirittura se in Italia sussistano ancora le condizioni di uno Stato di diritto. ...............
Si vede bene che con la "giustizia  è malata" già da tempo, in rianimazione ecco perchè non possiamo predere per oro colato quello che ci  raccontano giornali, vari presentatori di TV e lo stesso premier ovviamente.
Ci preme una riforma "seria" e condivisa.
La condivisione dovrebbe venire da tutti gli ambienti, ivi compresa la Magistratura, sempre se si riesce a mettere da parte gli interessi di "corporazione".
Upnews.it