Era il 29 giugno 2004. Una notte di inizio estate. Un lieve vento di scirocco attraversava la città. Tre giovani in maglietta e jeans si aggiravano con circospezione tra le vie del centro, nel salotto bene: quello con le vetrine piene di glitter, lustrini e paillette. Dalle tasche tirarono fuori alcuni adesivi listati a lutto e in pochi minuti tappezzarono le vie tra il Politema e il Massimo con quella frase che sarà difficile dimenticare. "Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità". Uno schiaffo al finto perbenismo e alla coscienza dei cittadini. Così ha avuto inizio una straordinaria avventura. Così è nato Addiopizzo, il comitato cittadino contro il racket delle estorsioni. Dall'idea di quei tre ragazzi, la città o almeno parte di essa, ha cambiato volto e in quasi quattro anni gli iscritti sono almeno diecimila. L'idea dei volantini - racconta Ugo Fiorello, uno dei padri fondatori - è nata in una bella serata in cui abbondava il vino. Eravamo io, Vittorio e Francesco. Laureati di fresco, gli amici volevano cimentarsi nell'imprenditoria aprendo un piccolo pub. E' stato proprio quando hanno iniziato a ponderare le spese che uno di loro ha detto: "E' se ci chiedono il pizzo?". "Ognuno di noi - dice Vittorio Greco - ha ricevuto una formazione con una sensibilità abbastanza forte nei confronti dei problemi legati alla mafia". E così, dati alla mano, i tre amici hanno scoperto che almeno l'80% dei commercianti pagava il pizzo. L'idea provocatoria del volantino a lutto è stata una conseguenza naturale. A stamparli fu un tipografo ignaro di quello che sarebbe accaduto. Il 30 giugno la città si risveglio tra lo stupore della gente. Il prefetto Giosuè Marino riunì il comitato per la sicurezza con le più alte autorità delle forze dell'ordine. Tra le ipotesi c'era quella del gesto di un commerciante disperato, ma si pensò pure alla mafia. L'allora questore Francesco Cirillo, fece anche una richiesta alla magistratura per perseguire gli autori per "procurato allarme sociale". Qualche cittadino addirittura si sentì offeso da quella frase. Quella mattina, sotto choc c'erano anche i tre autori della manifestazione. "Non ci aspettavamo che succedesse tutto quel clamore - ricorda Francesco Calabrese. In una lettera spiegammo il perché attraverso i quotidiani". La prima uscita, anche se ancora sotto mentite spoglie, risale al 29 agosto successivo. L'anniversario per la morte di Libero Grassi, quell'anno fu denso di avvenimenti. Uno striscione per ogni cavalcavia della città e un altro commemorativo davanti al luogo dell'omicidio. Lì, quel giorno, qualche giornalista scorse tra i visi di alcuni giovani una partecipazione commossa tanto da avvicinarli e scambiare con loro qualche battuta. Da lì a poco i ragazzi di Addio pizzo che in quel momento contava una manciata di aderenti, sarebbero usciti allo scoperto con nomi e cognomi. Dall'arresto di Provenzano a quello dei Lo Piccolo e fino alla nascita della prima associazione antiracket, Addiopizzo è sempre presente. Diverse le iniziative volte ai cittadini che a tutt'oggi, sono fondamentalmente tre. In primis la diffusione del consumo critico con diecimila cittadini iscritti; poi c'è il settore delle scuole con progetti che coinvolgono attivamente gli studenti. La terza è quella volta a diffondere il pensiero critico attraverso temi connessi a mafia e legalità. Per intenderci, i giovani di Addiopizzo scavano nelle responsabilità politiche dei pubblici poteri: hanno chiesto di farsi da parte sia a Cuffaro che a Crisafulli. "Il nostro è un comitato apartitico. Per essere credibili noi è giusto che anche i poteri che ci rappresentano lo siano"