Un 2008 trascorso dopo un periodo lungo quasi 10anni, solo oggi, a posteriori, senza timori di provocare depressione in chi ci legge, ne parliamo liberamente.
Il decennio trascorso iniziava in sordina con la crisi provocata dall’introduzione dell’informatica nell’organizzazione della produzione di beni e servizi e con la conseguente abolizione dei ritmi temporali convenzionali fissati sulla base della fatica umana, e proseguiva, negli anni successivi, fra lo stordimento indotto dalla cosiddetta globalizzazione dei mercati e non solo, ma dell’intero sistema economico mondiale.
Quando poi, in base all’ipotesi di un tecnico informatico, alla vigilia del traghettamento dal vecchio al nuovo millennio si diffuse la bagarre per quel che passò nelle cronache mediatiche con la sintetica formula del “millennium bug” (s’ipotizzava, alcuni lo davano per certo, che nell’attimo in cui le lancette degli orologi sarebbero passate dall’anno 1000 all’anno 2000 sarebbe accaduta una catastrofica infezione di tutti i sistemi computerizzati in modo tale che la produzione di beni e servizi si sarebbe bloccata in tutto il mondo .
Conseguenza? L’impoverimento dell’umanità, che sarebbe tornata all’età della pietra, alle guerre tribali, e presto, molto presto, sarebbe stata la fine.
Non accadde nulla.
L’uomo aveva dimostrato di essere l’animale più intelligente, più forte, più ricco, più potente della terra, aveva annullato uno dei termini della formula einsteiniana della relatività, presto molto presto avrebbe conquistato il bene dell’immortalità.
Incominciava il decennio della corsa forsennata, della crescita permanente ed infinita, senza ostacoli ma senza obiettivi.
Le regole di mercato, del negozio, del sinallagma, del do ut des, vennero sovvertite. O piuttosto, poiché nel concetto di sovversione c’è il concetto di cambiamento, di sostituzione, esse, quelle regole, non vennero sostituite, al loro posto ci fu il nulla.
Cambiava il significato stesso di ricchezza. Non beni reali, non accumulo di segni monetari e nemmeno di segni cartacei. Ma segnali elettronici in continua modificazione .
Gli economisti , cioè quegli scienziati , che si sono assunti il compito di capire dove va il mondo dell’economia un attimo prima dell’uomo economico e dell’uomo politico e di suggerir loro il da farsi ,non ce l’hanno fatta .Non hanno capito in tempo che non esistevano più riferimenti scolastici o di dottrina. Adamo Smith ,Davide Ricardo, Engels , lo stesso Marx , sono morti e sepolti, ed anche John Mainard Keynes e Kenneth Galbraith .
Rimaneva la teoria della crescita permanente e la pratica del levarege: maggiore è il debito più grande è il credito. Più si ha credito più si è in grado di produrre beni per il soddisfacimento di bisogni inesistenti o fasulli a prezzi sempre più alti.
I governanti, eccetto che in Cina, permisero l’uso a piene mani del leverage, specie negli Stati Uniti. Il resto del mondo li imitò.
E siamo ai giorni nostri. Senza governance, le bolle speculative si sono susseguite. Dal barile di petrolio greggio, al rame, dalla tazzina di caffè, il chilo di pane o di pasta, i prezzi sono lievitati in modo ingiustificato.
Si è parlato di inflazione , si è detto che le famiglie degli impiegati e degli operai non riuscivano a soddisfare la domanda per soddisfare i bisogni primari oltre la terza settimana del mese; per un’improvvisa riduzione del potere d’acquisto, si disse. Ma non è così.
La verità è che la massa monetaria disponibile non è congrua rispetto al crescente speculativo ed incontrollato incremento dei prezzi al consumo.
Sarebbe stata deflazione se in questi ultimi mesi di quest’anno di svolta non fosse intervenuto un fenomeno imprevisto e forse imprevedibile: i prezzi scendono e il consumatore medio ha ricominciato a bere. I negozianti, che ne avevano limitato la costituzione per il timore di un crollo delle vendite , stanno, in questi giorni, ricostituendo le scorte di magazzino quasi del tutto prosciugate durante le giornate natalizie. Si attende la controprova alla fine dell’anno.
Che avverrà? Occorrerà che i governi tornino a governare l’economia. Occorrerà tornare alla sana competizione dell’economia reale. Bisognerà tornare a Keynes e Galbraith. Bisognerà tornare ai grandi investimenti pubblici sull’ammodernamento delle infrastrutture poste alla base delle civiltà contemporanee. Bisognerà impegnarsi, i singoli e i governi, per salvare, mentre siamo in tempo, un grande bellissimo Continente che muore: l’Africa.