Il nostro paese è stata interessato al fenomeno dell'emigrazione soprattutto nei secoli XIX e XX. Il fenomeno ha riguardato dapprima il Settentrione (Piemonte, Veneto e Friuli in particolare) e, dopo l'unita' d'Italia verso il 1880, anche il Mezzogiorno una volta piu' ricco e florido.
Si trattò di un esodo che toccò tutte le regioni italiane. Tra il 1876 e il 1900 l'esodo interessò prevalentemente le regioni settentrionali con tre regioni che fornirono da sole il 47 per cento dell'intero contingente migratorio: il Veneto (17,9), il Friuli-Venezia Giulia (16,1 per cento) ed il Piemonte (12,5 per cento). Nei due decenni successivi il primato migratorio passò alle regioni meridionali. Con quasi tre milioni di persone emigrate soltanto da Calabria, Campania e Sicilia, e quasi nove milioni da tutta Italia.
Essa ebbe come destinazioni soprattutto l'America del sud e gli Stati Uniti . Negli Stati Uniti e in Brasile si caratterizzò prevalentemente come un'emigrazione di lungo periodo, spesso priva di progetti concreti di ritorno in Italia, mentre in Argentina ed Uruguay fu sia stabile che temporanea .
Nelle pagine faremo un viaggio nella emigrazione del Sud America per scoprire una parte della nostra storia corredata di notizie ed immagini che ci aiuteranno a scoprire il piu' grande esodo migratorio della storia moderna. Nell’arco di poco più di un secolo, a partire dal 1861, sono state registrate più di ventiquattro milioni di partenze, un numero quasi equivalente all’ammontare della popolazione al momento dell’Unità.
La maggior parte degli italiani si trasferirono in Brasile, Argentina dove attualmente vi sono circa 55 milioni di discendenti di emigrati italiani. Quote consistenti di emigranti italiani si diressero anche in Venezuela , ma vi furono anche nutrite colonie di emigranti italiani in Cile, Peru, Messico, Paraguay, Cuba e Costa Rica ed Uruguay dove i discendenti di Italiani nel 1976 erano 1.300.000 (oltre il 40% della popolazione, per via della ridotta dimensione dello Stato.
GLI ITALIANI IN BRASILE
Il Brasile ha oggi la più grande popolazione italiana fuori dell'Italia. Secondo l'ambasciata d'Italia a Brasilia, vivrebbero nel paese circa 25 milioni di italiani o discendenti di immigrati italiani.Altre fonti parlano di 28 o addirittura di 32 milioni di persone[6], includendo i numerosi figli illegittimi e rifacendosi all'emigrazione (specialmente di marinai e commercianti liguri) durante l'Impero portoghese nel Seicento e Settecento. A differenza che in Argentina e negli Stati Uniti, dove la maggioranza degli immigrati erano meridionali, in Brasile, fra il 1870 e il 1950, il 53,3% degli immigrati proveniva dall'Italia settentrionale, il 14,6% dalle regioni centrali e il 32,1% dal Sud (mentre negli Stati Uniti i meridionali erano circa il 90%). In Brasile il maggiore afflusso di immigrati proveniva dal Veneto, con il 26,6% del totale, seguito dalla Campania con il 12,1% e la Calabria con il 8,2%. Agli ultimi posti la Liguria con solo il 0,7% degli immigrati, Sardegna con il 0,4% .La prima colonia italiana organizzata nello Stato ebbe luogo a Porto Real dove giunsero nell'estate del 1874 un gruppo di famiglie italiane.Alla fine del XIX secolo, nell'ambito della “immigrazione programmata” dal governo brasiliano dopo l'abolizione della schiavitù (1888), furono le grandi "fazendas" la meta di agricoltori e braccianti italiani dove si lavorava la canna da zucchero ma sopratutto il caffe'.Il lavoro era duro, dove lavorava tutto il gruppo familiare. Non sono state poche le sofferenze in un ambiente abbastanza estraneo.I primi immigrati italiani arrivarono in massa nel Brasile nel 1875. Erano contadini veneti attirati dal lavoro come piccoli coltivatori nel sud del paese.
GLI ITALIANI E IL CINEMA
L'emigrazione italiana in Brasile segna una vera e propria svolta nella storia brasiliana.Dagli esordi (Rio de Janeiro, 8 luglio 1896) alle prime decadi del Novecento la lingua ufficiale del cinema brasiliano è, soprattutto, l`italiano.A Paschoal Segreto, emigrante italiano, si deve la creazione, nel 1897, della prima sala cinematografica fissa in Brasile. Il Salão de Novidades Paris di Rio de Janeiro fu inaugurato il 31 luglio del 1897, promovendo l'interesse per l'invenzione dei fratelli Lumiére con una ricca programmazione di filmati provenienti, soprattutto, dall'Europa. I Segreto erano un gruppo di fratelli arrivati dall'Italia in momenti diversi, all'epoca della fondazione del Salão Paris erano quattro fratelli: Gaetano, Afonso e Luiz e Paschoal. Gaetano doveva essere il più vecchio, lo si può dedurre dal fatto di non avere il nome tradotto e di essere arrivato .Al napoletano Vittorio di Maio (1852-1926), tra i primi a installare sale cinematografiche, si deve una notevole opera divulgativa del cinema, avendo montato, già all'inizio del 1897 a Petrópolis (Stato di Rio de Janeiro) un proiettore all'interno del Cassino Fluminense con cui aveva mostrato brevi pellicole dei Lumière e di Edison. Dal 1908 s'affacciano al mercato cinematografico brasiliano nuovi impresari tra cui gli italiani Jácomo Roiario Staffa e José Labanca.Il picco massimo dell'emigrazione italiana in Brasile si ebbe tra il 1880 e il 1920. La maggior parte degli italiani trovarono lavoro nelle piantagioni di caffè brasiliane negli stati di São Paulo, Rio Grande do Sul, Santa Catarina, Paraná, Minas Gerais e Espírito Santo.
Il nostro paese è stata interessata al fenomeno dell'emigrazione soprattutto nei secoli XIX e XX. Il fenomeno ha riguardato dapprima il Settentrione (Piemonte, Veneto e Friuli in particolare) e, dopo l'unita' d'Italia verso il 1880, anche il Mezzogiorno una volta piu' ricco e florido.
Si trattò di un esodo che toccò tutte le regioni italiane. Tra il 1876 e il 1900 l'esodo interessò prevalentemente le regioni settentrionali con tre regioni che fornirono da sole il 47 per cento dell'intero contingente migratorio: il Veneto (17,9), il Friuli-Venezia Giulia (16,1 per cento) ed il Piemonte (12,5 per cento). Nei due decenni successivi il primato migratorio passò alle regioni meridionali. Con quasi tre milioni di persone emigrate soltanto da Calabria, Campania e Sicilia, e quasi nove milioni da tutta Italia.
Essa ebbe come destinazioni soprattutto l'America del sud e gli Stati Uniti . Negli Stati Uniti e in Brasile si caratterizzò prevalentemente come un'emigrazione di lungo periodo, spesso priva di progetti concreti di ritorno in Italia, mentre in Argentina ed Uruguay fu sia stabile che temporanea .
Nelle pagine faremo un viaggio nella emigrazione del Sud America per scoprire una parte della nostra storia corredata di notizie ed immagini che ci aiuteranno a scoprire il piu' grande esodo migratorio della storia moderna. Nell’arco di poco più di un secolo, a partire dal 1861, sono state registrate più di ventiquattro milioni di partenze, un numero quasi equivalente all’ammontare della popolazione al momento dell’Unità.
La maggior parte degli italiani si trasferirono in Brasile, Argentina dove attualmente vi sono circa 55 milioni di discendenti di emigrati italiani. Quote consistenti di emigranti italiani si diressero anche in Venezuela , ma vi furono anche nutrite colonie di emigranti italiani in Cile, Peru, Messico, Paraguay, Cuba e Costa Rica ed Uruguay dove i discendenti di Italiani nel 1976 erano 1.300.000 (oltre il 40% della popolazione, per via della ridotta dimensione dello Stato.
IL PICCO MASSIMO DELLA EMIGRAZIONE
Il picco massimo dell'emigrazione italiana in Brasile si ebbe tra il 1880 e il 1920. La maggior parte degli italiani trovarono lavoro nelle piantagioni di caffè brasiliane negli stati di São Paulo, Rio Grande do Sul, Santa Catarina, Paraná, Minas Gerais e Espírito Santo.
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La ragione di questa particolarità risiede nella mancanza di una vera e propria classe media in un paese che solo dieci anni prima era ancora legato ad un`economia rurale e schiavista e ad un sistema politico monarchico . Genova é stato il principale porto d'imbarco del flusso di immigranti per il Brasile, dato che i primi grandi contingenti érano oriundi dal Veneto.
Il volume del flusso emigratorio fece con che diverse compagnie di navigazione fossero create. La societá dei produttori di caffé di São Paulo come incentivo sussidiava i biglietti nel senso di motivare l'emigrazione.
La traversata atlantica era molto penosa, si riscontravano molti casi di epidemie ed incidenti come il naufragio del "Sirio" il 4/6/1906 con 219 vittime incluso il vescovo di São Paulo. Appena arrivati gli immigranti erano transferiti giá nel porto sui treni che salivano il massicio atlantico fino a São Paulo quota 700m.Da qui erano sistemati in alberghi nel centro di São Paulo, accoglieva provisoriamente gli immigranti che aspettavano lo smistamento per le fattorie di caffé all interno di tutto lo stato.Dove le famiglie vivevano nelle fattorie molte volte creando un piccolo villaggio denominato nucleo coloniale. L'obbiettivo era risparmiare per comperare la propria terra, e questo contribui' alla modernizzazione del Brasilesi creo', infatti, una agricoltura diversificata moderna e fornendo una base per assicurare lo sviluppo industriale. Altri Italiani gli italiani venivano indirizzati nel Minas Gerais o nell’Espirito Santo o, appunto, nel Rio Grande.L’insediamento più caratterizzato è quest’ultimo.governo vi aveva infatti delimitato una zona amplissima, più della Val Padana, totalmente incolta, lontana da tutto, montuosa, destinandola a loro. Vincendo la disperazione, adattandosi a fare ogni cosa, mantenendo una straordinaria coesione interna, con un tasso di prolificità incredibile (almeno una dozzina di figli per famiglia), il gruppo italiano non solo vince la sfida ma creò nell’area che gli era stata assegnata, la serra gaúcha, l’embrione di un altro Brasile, ben diverso da quello tradizionale.Quali sono state le caratteristiche di questa comunità? Innanzitutto la solidità della struttura famigliare. L’unica forza sulla quale potevano contare i coloni era la coesione della famiglia, la sua capacità lavorativa, l’energia morale che ne derivava.
L'attaccamento al sentimento religioso
La seconda caratteristica è rappresentata dall’attaccamento al sentimento religioso. Gli emigranti provenivano da regioni italiane nelle quali la Chiesa era il solo elemento di aggregazione, l’unico concreto luogo di appartenenza. La solitudine e l’abbandono in cui vennero a trovarsi nel nuovo mondo accrebbe questa religiosità, materializzatasi nelle Chiese e nelle cappelle rurali, che fungevano da luogo di preghiera e di riunione, nelle edicole costruite nella foresta, molte delle quali ancora esistenti, nelle pratiche pie, nelle orazioni in comune, nella venerazione dei santi. Ma la cronica carenza di clero favorì la crescita di una religiosità molto autonoma, guidata nei primi anni della colonizzazione da laici, che dirigevano alla domenica i momenti di culto, seppellivano i morti, consigliavano la gente. C’è chi sostiene, probabilmente non a torto, che le comunità di base a carattere laicale cresciute negli anni recenti in tutto il Brasile, debbano molto all’organizzazione religiosa delle vecchie comunità di emigranti
L'etica del lavoro
Una terza caratteristica è costituita da quella che possiamo chiamare “etica del lavoro”. Il lavoro fu la salvezza della prima generazione di coloni. Se non avessero lavorato a ritmi inimmaginabili, disboscando la foresta, costruendosi le case, prima in legno e poi in muratura, fabbricando gli strumenti essenziali, coltivando i campi e traendone il sostentamento, aprendo le strade, avviando l’indispensabile struttura commerciale di scambio, per loro ci sarebbe stata soltanto la sconfitta. E la sconfitta equivaleva a morire. Così la capacità lavorativa del Brasile italiano, se è stata all’inizio la salvezza degli emigrati, è diventata successivamente una straordinaria risorsa per il Paese, sorretta da uno spirito imprenditoriale, un’autonomia, una capacità innovativa e un senso del rischio che hanno enormemente arricchito l’economia nazionale. Si calcola che nel Rio Grande i discendenti di italiani siano oggi più di due milioni, un quinto della popolazione dello Stato. Questa comunità, inizialmente di contadini e lavoratori generici, produce ormai l’élite dell’imprenditoria locale e poi intellettuali, giornalisti, professionisti, professori d’università, politici al massimo livello. Cinque governatori dello Stato nell’ultimo cinquantennio vantano un’ascendenza italiana”.
I fazenderos senza scrupoli
Ai fazenderos il modo di lavorare degli italiani piaceva molto .Apprezzavano le abitudini della tipica famiglia italiana ed invogliavano a far arrivare dall'Italia altri gruppi familiari.
L'emigrazione serviva per migliorare lo sviluppo .Si spiano' cosi la strada per un grande esodo .Anche se, a dire la verita', a causa di fazenderos senza scrupoli, in molti casi la manodopera degli emigranti italiani sostituì in buona parte quella prestata fin allora dalle persone usate come schiavi: in quanto bianco e cattolico l’immigrato italiano era trattato diversamente dagli schiavi di colore, anche se la qualità della vita era di poco superiore tanto che la mentalità schiavista di molti proprietari terrieri portò il governo italiano a proibire l’emigrazione in Brasile con il Decreto Prinetti del 1902 con il quale si sospendeva la licenza speciale a compagnie di navigazione per il trasporto gratuito di emigranti italiani in Brasile presso fazenderos senza scrupoli. Anche piu' tardi l'emigrazione continuo'
La saudade
L’emigrante imparava a convivere con i sentimenti della malinconia e della nostalgia che lo attanagliava continuamente senza tregua. Rimaneva nel paese ospite solo per necessità di tipo economico, pensando continuamente al ritorno in patria, a quando ritroverà la sua famiglia, le abitudini, i sapori e gli odori della sua terra.
La decisione di emigrare, raramente era il frutto di una libera scelta, ognuno affrontava le difficoltà del lungo viaggio con la speranza che un giorno sarebbe tornato in patria.Le cose, però, con il passare degli anni cominciarono a cambiare: il nostro emigrante cominciò ad adattarsi al nuovo ambiente sociale, imparò a convivere con la diversità di usi e costumi e, cosa più importante, assimilò la lingua e le abitudini di vita e sebbene continuasse a rimpiangere il suo paese natale, non viveva più la sua condizione di emigrante in maniera negativa, ma si impegnava per consolidare e migliorare la sua condizione
I DISCENDENTI ITALIANI OGGI
Oggi, la stragrande maggioranza dei figli dei nostri emigrati in Brasile, è laureata ed occupa posti di lavoro importanti e dignitosi. L’emigrante italiano in Brasile, oggi, è pienamente brasiliano, lo è nel cuore e nell’anima. Per lui, essere brasiliano, non indica tanto l’appartenenza ad un popolo ma è qualcosa di più profondo.. è un sentimento… un modo di essere e di porsi nei confronti della vita. E’ questa, forse, la diversità maggiore che si coglie tra chi è emigrato in Brasile e chi invece si trova in tutt’altra parte del mondo. Se è vero che il concetto di emigrazione è uguale dappertutto, è altrettanto pacifico che chi è emigrato in Svizzera piuttosto che in Germania non si sente parte di quelle nazioni a differenza di chi, invece, è emigrato in Brasile ed è divenuto un tutt’uno con quella gente. Basti pensare che la circoscrizione consolare di S. Paulo il numero di quanti svolgono attività imprenditoriali (8625 persone) e il livello di scolarizzazione, sono significativamente elevati. Più di 38 mila italiani sono laureati o diplomati, mentre 23 mila hanno titoli di studio inferiori. All’interno del territorio vi sono 126 associazioni di emigrati e l’insegnamento della lingua italiana è diffuso in tutta la circoscrizione. S. Paolo conta il maggior numero di ristoranti italiani di tutto il Brasile e qui sono nate le principali testate giornalistiche come L’Emigrazione, Il Corriere Lucchese, La Voce Toscana, l’Italia del popolo e la Fanfulla, stampato per la prima volta nel 1893 e tuttora esistente. La Circoscrizione consolare di Porto Alegre coincide con lo Stato di Rio Grande do Sul, dove il flusso di emigrati italiani ebbe inizio ufficiale nel 1875, conta circa circa 3 milioni di discendenti , mentre i residenti iscritti all’anagrafe sono più di 36 mila. Di questi, 8725 svolgono libere professioni e solo 36 sono operai o impiegati. Più di 20 mila connazionali, inoltre, possiedono un diploma o la laurea. Anche le strutture di documentazione sulla presenza italiana nel territorio sono numerose e nella circoscrizione si trovano concentrate le principali Case Editrici che gestiscono iniziative italiane, come la "EST Ediçoes" di Porto Alegre, che vede pubblicati 300 libri sull’immigrazione italiana. Mancano invece informazioni accurate sulle associazioni di emigrati, mentre sono particolarmente significativi i dati sull’imprenditorialità italiana, presente nel territorio con più di 400 imprese. Fanno parte della Circoscrizione consolare di Curitiba gli Stati del Paranà e di Santa Caterina. Nel 1875 centinaia di famiglie italiane, e soprattutto venete, furono chiamate a coltivare le terre incolte di queste regioni. Ora le comunità italiane raggiungono i 4 milioni di individui, di cui 30 mila con passaporto italiano. Di questi, quasi 5 mila svolgono attività imprenditoriali o sono liberi professionisti e il tasso di scolarizzazione è molto alto. Le associazioni culturali sono 123 e quelle venete raccolgono da sole più di 3 mila soci.
Sono piuttosto scarsi, invece, gli studi sulla presenza italiana nella Circoscrizione consolare di Rio de Janeiro, che comprende gli stati di Rio de Janeiro, Espirito Santo e Bahia. Tuttavia, negli ultimi anni si sono registrate numerose iniziative e manifestazioni folkloristiche incentrate sulla riscoperta dell’italianità. Nello stato di Rio de Janeiro sono attualmente attive 29 tra associazioni italiane e circoli regionali a scopo culturale e ricreativo, cui si affiancano associazioni a finalità assistenziali, sportive e sindacali. Non esistono scuole italiane legalmente riconosciute, ma la lingua è stata inserita come materia di studio in alcuni istituti dalla quarta elementare alla terza media ed è stato siglato un accordo tra l’Università di Rio de Janeiro e il Consolato Generale d’Italia per l’insegnamento della lingua nel "Vestibular" (esame di ammissione alle Università).
La circoscrizione consolare di Recife, che comprende tutti gli Stati del "Nordeste brasiliano" è stata la più trascurata dalla letteratura sull’immigrazione. Eppure, fu proprio in queste terre che sbarcò Amerigo Vespucci durante la sua prima spedizione nelle Americhe. E il fenomeno migratorio successivo non è da sottovalutare, Gli oriundi presenti sono circa 50 mila, anche se i residenti iscritti all’anagrafe consolare, concentrati soprattutto a Recife, Fortaleza e Belèm, risultano solo 4.500. Le associazioni italiane non sono molto numerose. Tra queste, il Centro Cultural Italo Brasileiro Dante Alighieri, la Casa d’Italia e l’Istituto de Cultura Italiana de Fortaleza. Quest’ultimo, nato nel 1998 per diffondere la lingua e la cultura italiane, ha assunto un’importanza determinante nell’economia turistica del Nordest, offrendo corsi di lingua e di formazione professionale per addetti ai settori turistico e alberghiero.
Alla Circoscrizione consolare di Belo Horizonte appartengono gli Stati di Minas Gerais, Goias e Tocantins dove, a cavallo del 1800, si diressero molti operai, soprattutto dal Sud Italia, per lavorare alla fondazione e allo sviluppo della zona. L’emigrazione verso queste terre è stata caratterizzata dalla richiesta di manodopera nei settori dell’industria e del commercio, piuttosto che in agricoltura. E molti italiani trovarono impiego anche nell’edilizia, lasciando la loro impronta architettonica negli edifici dell’epoca. Ha inizio, invece, negli anni ‘70 l’emigrazione di lavoratori specializzati nel settore automobilistico, che ha fatto seguito all’arrivo a Belo Horizonte della FIAT e di altre multinazionali straniere. Per far fronte alle esigenze educative delle famiglie italiane, venne creata nello stesso periodo la "Fondazione Torino", che ora si è trasformata in un istituto bilingue e biculturale frequentato da 600 studenti ogni semestre. I discendenti dei nostri connazionali presenti nel territorio sono oggi circa 1 milione e mezzo e 9 mila quelli iscritti all’anagrafe consolare. Belo Horizonte vanta una Società Italiana di Beneficenza e Mutuo soccorso nata nel 1896 e ancora attiva, ma il fenomeno dell’associazionismo è meno sentito rispetto ad altre zone, anche se questo potrebbe significare il rapido processo di integrazione dei gruppi nazionali nella società brasiliana, piuttosto che la loro scarsa vitalità.